LA LORO POSIZIONE NEL DIBATTITO POSTMODERNO

Gianni Cella e Corrado Bonomi fanno proprie le demistificazioni messe al centro del dibattito post moderno, senza per questo rinunciare alla costruzione del senso: se l’epoca delle “grandi narrazioni”1 è conclusa, le “piccole narrazioni” sono potenti anticorpi al rischio di autoreferenzialità e alla visione dell’artista come l’eletto «in una torre d’Avorio».2

I nostri “eroi” non hanno dunque abdicato al ruolo dell’artista come interprete del contesto storico, sociale, politico e antropologico, ma, al contrario, l’hanno investito dell’enorme responsabilità di dare conto del reale, facendo rientrare nel dominio dell’estetica ciò che l’arte aveva escluso e marchiato come indegno di farne parte.

Sia per quanto riguarda i temi, infatti, che per quanto riguarda il discorso formale e i materiali utilizzati, Corrado Bonomi e Gianni Cella non si danno “nessun limite eccetto l’arte”.3

1 Cfr. J.-F. Lyotard, La condition postmoderne, Les Éditions de Minuit, Parigi, 1979. Per “grandi narrazioni” s’intendono le ideologie e i grandi sistemi di valori che hanno permeato la modernità e i primi del Novecento, fino alla loro resa dei conti e al loro superamento.

2 Corrado Bonomi, Bonelli Arte Contemporanea, Mantova, 2005, cit. p.15.

3 Variazione della famosa frase del Don Chisciotte di Miguel de Cervantes: «Nessun limite eccetto il cielo».